lunedì 11 maggio 2015

Tra scienza e magia: il manjar blanco

Chi l'avrebbe mai detto che una di quelle materie che tanto odiavo al liceo, mi avrebbe permesso di dare nome scientifico ad un nettare divino!
Ad oggi il manjar blanco è la mia crema preferita: non c'è Nutella che tenga, e, a parlare, è una fanatica del cioccolato.

Il manjar blanco, anche conosciuto come "dulce de leche" o "arequipe", è un dolce diffuso in tutta l'America Latina. Un po' come il prezzemolo della pasticceria sudamericana!
Lo troviamo in torte e dessert, in biscotti, pasticcini e dolci al cucchiaio, in mousse e gelati, churros e frittelle...
Amato un po' da tutti, diversi paesi se ne contendono la paternità, nello specifico Perù, Argentina, Chile e Uruguay.

In Italia non è molto conosciuto e, anzi, la maggior parte delle volte in cui veniva menzionato e scambiato con la salsa mou, mi trasformavo di immediato nella sua paladina, pronta a difenderlo.
Non solo, ad essere chiamata in causa è proprio una questione scientifica!
Se infatti alla base della salsa mou c'è la formazione del caramello, con successiva aggiunta della panna, alla base del manjar blanco non c'è alcuna caramellizzazione, bensì una reazione chimica nota come reazione di Maillard.

Generalmente nominata per svelare il segreto della cottura perfetta della carne, con reazioni di Maillard s'intendono una serie di cambiamenti chimici, ancora non del tutto chiari, che conferiscono all'ingrediente coinvolto una colorazione brunastra ed una profumazione tostata, che rendono tanto appetibile, ad esempio, il pane appena sfornato.
I protagonisti coinvolti in tale reazione, senza i quali risulterebbe impossibile, sono le proteine e gli zuccheri cotti assieme.

Nel caso del manjar blanco la reazione avviene tra il lattosio (lo zucchero del latte) e le proteine del latte: il calore induce la degradazione del lattosio, che inizia ad imbrunirsi e prendere il tipico sapore "a cotto".
Non si tratta della mera caramellizzazione del lattosio, è invece condizione necessaria e sufficiente la presenza degli amminoacidi della catena proteica: per questo il sapore stesso è diverso dal caramello!

La presenza del bicarbonato di sodio nella ricetta che segue è motivata dal rischio che il latte si stracci: man mano che la parte acquosa del latte evapora, questo si acidifica sempre di più, compromettendo la velocità delle reazioni di Maillard e, di conseguenza, colore e consistenza. Il bicarbonato allora interviene come stabilizzante.

Lo stesso zucchero di canna, al posto del normale zucchero bianco, ha effetti sulla cristallizzazione, esaltandone alla fine sapore, colore e consistenza.

In Perù, la città del manjar blanco è Cajarmarca e, comunemente, si ritiene che sia la parte settentrionale del paese a produrre il migliore. Lo ritroviamo protagonista in celebri preparazioni come los alfajores de maicena e il King Kong.




Che acquolina! Vediamo subito la ricetta!
  • 1 Litro di latte intero
  • 250 gr di zucchero di canna
  • 1/2 cucchiaino di bicarbonato di sodio
  • 1 cucchiaino di essenza di vaniglia

Versiamo il latte in una pentola e scaldiamolo a fiamma media fino a quando inizia a bollire. 

Aggiungiamo lo zucchero ed iniziamo a mescolare con un mestolo di legno per evitare che si formino grumi.
Senza smettere di mescolare aggiungiamo l'essenza di vaniglia ed il bicarbonato.

Poco a poco il latte inizierà a cambiare di colore fino a diventare marrone. Se il composto comincia a bollire, ritirare dal fuoco per alcuni secondi la pentola.

Dovremo rimboccarci per bene le maniche: il processo durerà all'incirca un'ora!
Il manjar blanco sarà pronto quando, passando un dito sul dorso del mestolo, rimarrà un solco nel composto.

Il manjar blanco di per se' è molto più light di altri dolci: in fin dei conti si tratta solo di latte e zucchero.
Se però vogliamo renderlo davvero dietetico, si possono utilizzare latte parzialmente scremato come base e stevia come dolcificante (o un altro edulcorante a scelta), senza per questo inibire la reazione di Maillard, il vero segreto che si cela dietro questa goduria.
Non solo, si può utilizzare anche latte senza lattosio e sostituirlo con altri zuccheri che sviluppano meglio la reazione di Maillard ed evitano la cristallizzazione.

Ma c'è anche un'altra alternativa, per i più pigri o per quelli che vanno un po' di fretta che si prepara semplicemente con latte condensato in scatola e pentola a pressione: collocare la scatola nella pentola e coprirla d'acqua fino a tre dita sopra il coperchio, chiudere la pentola e farla andare a fuoco alto fino al momento in cui si avverte il fischio caratteristico. Abbassare il fuoco a fiamma media e lasciar cuocre per 30-40 minuti a seconda della consistenza che amate di più: a 30 minuti sarà più cremosa, a 40 sarà più densa.

Quest'autentica golosità è un piacere da regalarsi in qualsiasi momento della giornata, con biscotti dolci o crackers salati, con macedonie o, semplicemente, armandosi solo di cucchiaino. 

Ed allora... Buen provecho!


mercoledì 29 aprile 2015

La rivoluzione dei grassi

La gastronomia italiana sta cambiando in direzione della leggerezza.  Cucina povera per eccellenza, fatta di preparazioni basiche e versatili; là dove il bando agli sprechi e l'ottimizzazione degli ingredienti erano i cardini fondamentali, l'imperativo quasi morale era costituito dalla pace e dalla felicità dello stomaco.



E dunque, ancora, cucina dai sapori avvolgenti, quella che riscalda il cuore, ti coccola: un vero godimento di vita. 

Cosí i grassi, veicolo di sapore dei cibi, rivestivano un ruolo essenziale, in quanto fabbisogno energetico e appagamento sensoriale: principalmente grassi animali nel nord Italia, olio d'oliva nelle regioni piú a sud.

Oggi però non solo il nostro stile di vita ha modificato il suddetto fabbisogno, ma anche le modalità di accesso e di consumo del cibo percorrono strade diverse; se a ciò si aggiungono poi la maggiore informazione in merito all'alimentazione e alla salute, lo spopolare di diete di ogni tipo, nuovi canoni estetici e globalizzazione, risulta evidente come il cambiamento in cucina sia stato inevitabile.
Tra gli aspetti coinvolti i grassi si dispongono in prima linea: meno tuorli, meno fritti, meno condimenti, meno carni grasse, meno strutto, meno burro... a favore invece di un boom dell'olio d'oliva. Boom rispaldato, oltre che dalla bontà riconosciutagli mondialmente, anche dagli effettivi vantaggi dello stesso a livello culinario e salutistico.

Che cosa succede contemporaneamente in Perú?
No, non mi sembra di notare lo stesso cambiamento a favore della leggerezza!
Sicuramente con lo sviluppo della gastronomia gourmet, le porzioni si sono drasticamente ridotte, per quel che riguarda Lima almeno.
I sapori che si ritovano nei piatti però rimangono fedeli a quell'intensità, a quell'esplosione di gusto, a quelle armonie che risuonano in bocca, a quell'ineguagliabile sazón per cui il peruviano non potrà mai preferire altra cucina all'infuori della sua. Ebbene sì, quasi come una religione!

Tuttavia si assiste ad un adattamento alle tendenze occidentali, nel campo della ricerca di abitudini alimentari più salutari.
In particolare, a causa dell'elevato tasso di diabete, si cercano prodotti alternativi allo zucchero. Anche i grassi però sono andati incontro ad un cambiamento, simile a quello italiano, per quel che riguarda la diminuzione dei grassi animali, a favore invece di un boom dei grassi "buoni"in generale.

Di qui, inserito nella dinamica del raw food, il libro "La grande rivoluzione dei grassi" di Sacha Barrio, per citare il caso più estremista, lo spopolare di prodotti dolciari vegan/vegatarian/raw, bevande derivate da semi, semi e frutta secca ovunque: mandorle, noci, sacha inchi, noci pecan, sesamo, nocciole, arachidi, noci macadamia, chia, noci del Brasile come snack, nei piatti principali, a digiuno, in indicazioni terapeutiche.
Indubbiamente questa rinascita ha promosso lo sviluppo del settore informativo e di quello produttivo, immettendo nel mercato una variegata quantità di oli secondo le diverse necessità.

Per iniziare una veloce panoramica di alcuni esempi più legati al territorio peruviano, credo sia d'obbligo citare per primo il sacha inchi.

Il sacha inchi, conosciuto anche come arachide degli incas, è il seme di una pianta dell'Amazzonia peruviana, da cui si ricava un olio preziosissimo per la salute umana: dal cuore al colesterolo, dalle funzioni celebrali al sistema immunologico. Ricco in proteine, vitamina E, Omega 6 e 9, spicca tra tutti gli altri oli per la quantità di Omega 3, battendo anche l'olio di semi di lino, considerato il migliore tra quelli vegetali per portare in equilibrio il rapporto con gli Omega 6. Da notare che si tratta di un olio termolabile, da utilizzare perciò rigorosamente a crudo.

Rimanendo in tema di arachidi, stanno avendo, non senza ragione, grande impulso anche l'olio di semi di arachidi ed il burro di arachidi.
L'olio di arachidi è ottimo per le fritture, con un sapore meno invasivo dell'olio d'oliva; è ricco di Omega 6 e vitamina E, povero di grassi saturi e senza colesterolo.
Il burro di arachidi, comunemente demonizzato per il contenuto di acidi grassi trans, è ricco di proteine, vitamina E e B3, magnesio e altre ancora; se da un lato è vero che bisogna fare attenzione alle reazioni allergiche che questo piccolo legume può far scaturire, dall'altro il timore per i grassi idrogenati si può accantonare nel momento il cui si scelga un prodotto totalmente naturale, come nel caso del Santa Manía (in America Latina l'"arachide" si dice "maní"):




Anche l'olio di cocco è adatto per le preparazioni cotte: molte pietanze ne sono favorite ed esaltate proprio grazie al suo riconoscibile sapore "coccoso". Sebbene sia ricco di grassi saturi, essendo questi a catena medio-lunga, si è visto che non hanno effetti negativi sul colesterolo. Anzi, essendo più facili da digerire, risulta un'ottima fonte immediata di energia, come dimostrano gli ingredienti delle barrette energetiche.


 Per concludere, sebbene l'avocado sia utilizzato fresco, in tutta la sua ineguagliabile grassosità, mi sono imbattuta anche nell'olio di avocado, per scoprire che si tratta di un ottimo olio per le fritture. Molto simile all'olio d'oliva, ha infatti un punto di fumo piuttosto alto che si attesta intorno ai 255 gradi Celsius. Si caratterizza inoltre per le qualità del frutto con elevate dosi di vitamina E, A, Omega 6 e 3 e acidi grassi monoinsaturi.


Una dieta bilanciata è sempre la scelta migliore. Se in Perú la moderazione dovrebbe essere applicata anche ai prodotti dipinti come miracolosi per la salute, in Italia si dovrebbe invece ridimensionare la demonizzazione dei prodotti grassi.
In entrambi i casi la soluzione sta nella giusta misura e nella qualità della materia prima.
Chissà che nelle tavole italiane, così come l'extravergine d'oliva si è diffuso nel mondo, presto non facciano capolino altri oli, per stimolare una maggiore varietà sia in senso nutrizionale, ma anche in senso gustativo!



lunedì 13 aprile 2015

Se un italiano non va in Amazzonia, l'Amazzonia va dall'italiano!



I peruviani riescono davvero ad inventarsi di tutto!

Nel contesto della campagna "Marca Perú", che ha come obiettivo la promozione e diffusione dei caratteri identificativi della cultura peruviana, un gruppo di personaggi autorevoli (chefs, sportivi, ballerine, giornalisti...), ha pensato di organizzare un viaggetto in terra italica, per far conoscere agli abitanti della città di Loreto una parte della sua cultura.

Perché Loreto? La scelta risiede nel fatto che una città dell'Amazzonia peruviana si chiama proprio Loreto: a preparare le valigie allora!, perché "ogni loretano, per il solo fatto di essere Loretano, ha il diritto di godere della meraviglia di essere peruviano!".
Il calore e l'allegria della popolazione amazzonica si sprigionano fin dall'inizio: musica, ballo e cibo!

La frutta apre le danze ed incuriosisce i signori marchigiani che, probabilmente, delle americhe si rciordavano del pomodoro, il cacao e la patata: ora li vedete assaggiare la carambola, lo zapote, la cocona, ma anche il camu camu e l'huasai, portentosi frutti che si trovano (in pillole o polveri) anche nei negozi biologici italiani.

Non si finisce mai di mangiare, questo è certo! Ecco il menù: tacacho con cecina, juane, paiche, chorizo, anticuchos, majaz e sabalo, piatti della gastronomia amazzonica, rispettivamente una sorta di polpettone di platano e carne disidratata, tipo di tamal cucinato in foglie di platano, pesce di fiume amazzonico, salsicia, spiedini, il paca (grosso roditore), altro pesce di rio. 

Per ricondurre i pacifici cittadini a qualcosa di noto ecco servita la chonta, descritta come le fettuccine amazzoniche, mentre i più coraggiosi non rifiutano nemmeno i suri, semplicemente... vermi! 

Passando per la medicina naturale, si arriva ai drink, dove il conosciuto effetto disinibitorio dell'alcool si mescola al potere afrodisiaco e libidinoso dando vita ai cocktail tradizionali: Rompi Mutande, Ti Aspetto Nel Pavimento, Alzati Lazzaro!

Ma visto che si tratta di un blog gastronomico, non possiamo non valorizzare la frusta amazzonica a diverse velocità, ecologica e buona occasione per l'esercizio fisico.
Chiude il tutto una divertente scenetta che vede un loretano-italiano seduto su un mototaxi: "Non ti caPISCO", dice lui. "No, il PISCO non si può bere perchè devi guidare", risponde l'altro.

Fatevi due risate ora, questo è il video con sottotitoli.


giovedì 2 aprile 2015

"Suicida rinuncia a saltare nel vuoto. Pompiere lo convince con un'empanada"

Il peruviano, si sa, è orgoglioso. Orgoglioso del suo paese, della sua terra, gli scorre nelle vene l'antica fierezza del popolo inca. 

Se da un lato è evidentemente esterofilo, pensiamo solo a quanto gli uomini qui apprezzino le bionde, dall'altro proprio non può fare a meno di tornare indietro alle sue radici!
Così nella gastronomia, sebbene esistano alcuni, ma rari esempi di "cucine dal mondo", la realtà prevalente è quella della fusione: non solo un ristorante italiano sarà allora italo-peruviano, ma questa mescolanza si è anche andata istituzionalizzando coniando nuove categorie, come il "chifa" (cucina cino-peruaviana) e "nikkei" (giappo-peruviana).
Al peruviano piacciono le pastasciutte, le lasagne, la pizza e il tiramisù, li adora!, ma sempre con quel tocco peruviano che, per un italiano, in realtà stravolge la ricetta. La pasta col pesto? Non è pasta col pesto se non c'è una bella bistecca in cima!

Impossibile rinunciare a quel "sazón" (gusto, sapore) inconfondibile della cucina peruviana. 
Impossibile rinunciare al piacere del cibo, con o senza mezzi, un piatto non mancherà mai.

Ed è in questo contesto che si inserisce l'ironica frase del titolo, pronunciata dal celebre che Gastón Acurio. Barzelletta o dato di cronaca? Non ne sarei cosí convinta!

E allora partiamo con una bella empanada.